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giovedì 29 novembre 2012

Lo schiavo erudito



I

     Quello schiavo erudito indubbiamente
fu un giovanotto in forze che per fame
un giorno se ne andò per il reame
in cerca d’un mestiere promettente;
     allora un Duca avaro, inconcludente,
assueto a soddisfare le sue brame
si interessò al fanciullo e ordì le trame
per prenderlo al suo séguito; il demente
     accetta di buon grado (è pure grato)
e la mattina dopo è nel palazzo
del Duca, e il suo lavoro viene esposto
     da chi nelle cucine ha lavorato
per molto tempo e poi lasciò quel posto
perché fedele al Duca di Sto Cazzo.



II

     Il giovanotto è in gamba per il Duca:
fa tutto, riesce in tutto, sbaglia poco,
non arde in lui quel singolare fuoco
che a prodigarsi in lodi assidue induca
      ma è bravo e si richiede che conduca
la sua persona bene ad ogni gioco,
e in breve tempo è divenuto cuoco
e in meno ancora consigliere; il Duca
     lo tiene di gran conto e nel ducato
corre la voce che vi sia uno “schiavo”
intraprendente e onesto; e il tempo passa;
     il regno, come al solito, sia ignavo
soltanto per vecchiezza è ormai cambiato
e la sua voce anziché balda è lassa.


III

      Il bravo servo di quel gran ducato
ha ben servito questo mondo, e adesso
è a casa propria; ma non è lo stesso.
Dal Duca venne ieri congedato.
     Un tempo (addietro), il servo affezionato
che aveva svolto ligio ed indefesso
l’incarico assegnatogli era fesso
ché al termine del ruolo era crollato
      nella disperazione; ma lo schiavo
“di adesso”, molto bene distingueva
la differenza fra colui che viene
     (e qui d’essersi illuso rimpiangeva,
fors’anche d’essere rimasto bravo)
amato e a chi sian messe le catene;
     ma ad ora si sa bene:
     povero resta lo schiavo del reame
pagato a peso d’oro o aduso al rame.

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