Intervista al poeta Pierino Pasquotti
Piergiorgio Pasquotti |
Pierino Pasquotti è un poeta nato il 1943, ha un sito (www.poesieinmusica.org) e un canale su Youtube molto ricco, dove
recita le sue poesie e quelle di qualcun altro,
sempre ed instancabilmente accompagnato dalla musica del suo amato
Mozart; la sua voce è dolce e antica e non solo io tendo a considerarla un
cimelio che non può non rimanere impresso, anche perché è con essa che musica
opere che non potremo mai dimenticare.
Questa intervista è stata fatta alcuni mesi fa ed era stata esposta con un video (audio e immagini) su Youtube, che però è stato perso.
Ne rimane un frammento che inconsapevolmente il poeta Michele Delpiano estrasse precedentemente dal video:
INTERVISTA INTEGRALE, ESTRATTA DAL VIDEO
1) “Pierino” è il Suo vero nome? Se la risposta è “no”: perché ha
scelto questo simpatico soprannome?
Ci narri la storia della “sua” nascita!
Il mio vero nome anagrafico è
“Piero Giorgio”, “Pierino” è un diminuitivo di “Piero”.
Ho cominciato a essere chiamato in
questa maniera sin da bambino, perché rispetto ai compagni della mia età, ero
molto piccolo di statura; e mio nonno diceva che andava bene così, perché poi
da grande mi avrebbero chiamato “Piero”. Il fatto è che di altezza non sono mai
cresciuto molto, anche adesso sono appena 1,60; e perciò sono rimasto “Pierino”.
2) Quando, Pierino, si è avvicinato alla poesia? Perché?
La poesia mi ha sempre
affascinato, sin da piccolo, l’ho sempre letta e amata; chiaramente quella dei
grandi poeti, come Leopardi, Foscolo, Petrarca e altri... rispetto a loro però,
non mi sono mai permesso, o azzardato, a comporre qualcosa in una maniera che
potesse essere chiamata “versi”; però, a un certo momento... sennonché una
sera, ascoltando un amico, come mi parlava delle rondini, e come mi diceva che
l’unico uccello che lui non si stancava mai di guardare, che riusciva a guardarle
anche per ore intere, era le rondini; e dicendomi questo, me le mostrava dalla
sua finestra, come volteggiavano, ed era tutto pieno di entusiasmo, e mi diceva
“Io proprio non so perché mi piacciono
così tanto le rondini, tutti gli altri uccelli, dopo un po’ mi stancano:
gabbiani, merli, passerotti, ma le rondini non mi stancherei mai di guardarle. Io
lo ascoltavo con attenzione, e anche molto... commosso, e con piacere, perché per
me la rondine era sempre stato l’uccello più amato, quello che mi aveva
consolato, in ogni disavventura, in ogni momento triste, quello che quando mi
isolavo... guardavo sempre; e allora io mi sentivo in debito nei confronti
delle rondini, e avrei voluto dire a quel mio amico il motivo per cui le
rondini non lo stancavano mai. E così, all’improvviso, ho deciso di scrivere
un’ode alla rondine, in riconoscenza a questo uccellino meraviglioso.
E quella è stata la mia prima
poesia, ho fatto una gran fatica a scriverla, ci ho messo un paio di giorni,
sono... 15/20 versi, non so nemmeno, non mi ricordo, però c’è lì sul mio sito.
e cosi l’ho scritta. Da lì ci ho preso gusto. Chiaramente non l’ho giudicata chissà
che capolavoro, però ci avevo preso gusto.
E allora poi, man mano che mi
veniva qualche soggetto mi cimentavo e le scrivevo.
Prima avevo sempre e solamente
scritto in prosa, poi mi son messo a scrivere poesie.
Ogni tanto interrompo, rimango
anche qualche mese senza scriverle; ma basta che assista a qualche scena
particolare, particolarmente commovente, o anche ripugnante, e allora... butto
giù un verso.
3) Secondo Lei da dove nasce la poesia?
Secondo me la poesia nasce, in chi
è in grado o ha la fortuna di poterla scrivere, nasce dal bisogno, che sente,
di condensare e di fermare, e in qualche modo, cristallizzare
la bellezza che vede dinanzi a
sé; una bellezza che se lui non descrivesse, non ci provasse a descrivere in
versi passerebbe inosservata, non sarebbe mai notata, sarebbe dimenticata prima
ancora di essere conosciuta, come, per esempio, se vedo un uccellino volare o
cinguettare in una maniera graziosa, particolare, in un momento d’animo mio
particolare, devo dire qualcosa, sento il bisogno proprio di scriverlo, e lo
scrivo prima di tutto per me, perché deve soddisfare me: è mio quel bisogno che
sento ed è quello che devo soddisfare, e poi perché altri pure leggano e
vedano, se sono capace di fargliela vedere per il modo in cui ho scritto e
vedono la scena, la cosa che mi ha commosso, che mi e piaciuta, o la cosa che
mi ha adirato, o fatto repulsione, o le ingiustizie che io descrivo, delle
quali parlo spesso, perché le ingiustizie sono un'offesa oltre che all’essere
umano, un’offesa alla Bellezza, alla Bellezza Innocente della Natura
4) Ci dica perché predilige la letteratura russa!
Perché è stato come l’incontro
con un amico nel momento giusto e nel posto giusto.
Il momento è stato quando ero in
pieno sviluppo, a 16 anni, ed ero in collegio ad ascoltare discorsi
normalissimi di gente che aveva la pretesa di educarmi; quando a un dato
momento ho trovato un libro di Tolstoj – Cosacchi
– e mi sono appartato nel fienile del collegio (ho fatto quindici anni di
collegio, non uscivo mai di collegio, a ventiquattro anni ero ancora in
collegio, non riuscivo a inserirmi in questa specie di società, e non mi sono
mai inserito e ne sono contento), e allora mi sono messo a leggere Tolstoj, mi
sono chiuso su nel fienile, e mi ha proprio sbalordito, letteralmente
“sbalordito”... mi sono reso conto che avevo trovato finalmente qualcuno che la
pensava esattamente come me, io non ero in grado di dire ciò che pensavo nella
sua maniera; ma che soprattutto amava la Natura come la amavo io.
Poi, la Natura che lui descriveva
era la stessa Natura che avevo di fronte io, nella quale vivevo io nel
Friuli... le stesse estensioni dei campi, lo stesso tipo di alberi, gli stessi
fossi ghiacciati, – i fiumi ghiacciati non ce li avevamo ma quasi la stessa
temperatura rigida – e poi la peculiarità che lui aveva nel descrivere le
stuazioni dell’animo: non diceva una parola, così, a caso, generica, ma andava
nel minimo dettaglio, in quei dettagli che io vedevo nessuno dei miei compagni,
dei miei assistenti, educatori eccetera, vedeva nemmeno, e da lì mi sono
innamorato di Tolstoj, poi allora ho letto altri libri – leggevo anche qualcosa
d’altro, francese, e mi piacque molto Maupassant – però, come gli scrittori
russi non ne ho mai più trovati; non ne ho più trovati, me li sono letti tutti
quelli dell’ottocento; poi... non molto più avanti ho scoperto i poeti russi dei
quali ho una grande predilezione... e così per me la letteratura russa è una
compagna, non è un passatempo... io senza un libro di Tolstoj non... c’è Goethe
che dice che in pratica una persona per mantenersi, sentirsi bene, mantenersi
elevata, dovrebbe leggere almeno una volta alla settimana – mi pare – una bella
poesia o guardare un bel quadro... Bè, io, se sto sei ore senza leggere una
grande pagina di uno scrittore russo… già, mi sento abbrutito, mi sento
inutile... e così, vivo con la letteratura russa, e nel mio canale ne ho
recitate diverse, ma... non bene, così come ho potuto.
5) Cosa pensa del mondo contemporaneo (artisti inclusi, famosi e non)?
Dire cosa penso del mondo
contemporaneo e un po’ una cosa complessa, comunque, il mondo contemporaneo è
molto peggiore di quello passato, ma il mondo nella sua totalità, non l’uomo,
perché l’uomo contemporaneo è uguale all’uomo di cinquant’anni fa, di un secolo,
di mille anni fa, è lo stesso, ha lo stesso grado di bontà e lo stesso grado di
cattiveria, le stesse doti e gli stessi difetti; solamente che nel mondo
contemporaneo con l’avvento della scienza – della nociva scienza, come diceva
Rousseau – e della tecnologia l’uomo singolo riesce a fare molto più del male
di quello che faceva l’uomo qualche secolo e qualche millennio fa.
Questa tecnologia e questa scienza
hanno spersonalizzato l’uomo, lo hanno reso quasi identico, sono quelli tutti
uguali, un po’ noioso, e l’unica differenza è questa;
comunque il mondo è alquanto
triste... “artisti inclusi; famosi e non”... di veri artisti affermati e riconosciuti
non ne vedo molti; ci sono artisti sconosciuti, dimenticati, ignorati, ci sono
artisti che non hanno neanche potuto iniziare a produrre qualcosa della loro
arte, ma artisti famosi credo pochi, pochissimi, se... o i grandi dell’800, o
se vogliamo... in questo secolo, il secolo scorso... Charlot, qualche grande
pittore, qualche grande pensatore...
6) Cosa si sente di consigliare al pubblico che vedrà l’intervista?
Non mi sentirei di consigliare
niente, soltanto di guardare dentro sé stessi, e cercare di scoprire, di
vedere, il tesoro, il tesoro nascosto che hanno nel loro intimo, in quell’intimo
che la superficialità della scienza e della tecnologia ha quasi nascosto
e reso completamente inutile... e
poi se lo scoprono: di farlo vivere, di utilizzarlo per il loro bene, ma
soprattutto per il bene degli altri, di tutti quanti insomma.
7) Gentile Pierino, perché, economicamente, non si vive di poesia?
Lei pensa che davvero i soldi corrompano l’uomo, e che affinché l’artista
crei debba rimanere povero?
O è semplicemente un comportamento usato nei confronti di coloro che non
possono vivere della propria arte, dovuto all’idea (oramai risaputa) che la
“societa” si è fatta, che gli artisti siano una classe di privilegiati?
Di poesia e pressoché impossibile
vivere economicamente perché commercialmente parlando per chi stampa poesia non
ci sono dei ritorni, non ci sono degli utili; è troppo poco il pubblico che
acquista libri di poesia, anche dei grandi poeti, Neruda ha potuto vivere
solamente perché era un console, ma tutti gli altri poeti se non avevano
qualche aiuto, più o meno avevano una professione, erano degli insegnanti, ma
libri di poesia, con i libri di poesia non è mai vissuto nessuno, c’è troppo
poco interesse da parte di chi dovrebbe comperare i libri di poesia; ci sono
invece specialmente in Italia moltissimi poeti, si dice che siamo circa sei o
sette milioni di persone che scrivono poesie, ma queste persone che scrivono
poesie non comprano i libri degli altri, vorrebbero che tutti comperassero
solamente i loro. Ok... “Lei pensa che i soldi corrompano l’uomo?”... bè, i
soldi corrompono l’uomo che è già di per sé corrotto, o che ha anche dei
bisogni, essendo debole, questi bisogni se poi sono bisogni veramente vitali
purtroppo si corrompe. “L’artista deve rimanere povero?” non è che deve
rimanere povero, però, almeno personalmente ho visto che si compone molto di
più, – perché è un modo di sfogarsi – quando si sta male, si soffre, quando si
è patito un grave dolore... rimanere povero non credo tanto perché la poverta
implica... implica dei... non tanto dolori, dei fastidi, dei fastidi continui:
il freddo, la fame, e patendo queste disgrazie qui non si riesce a scrivere, a
comporre bene, soprattutto lavori lunghi...
La società secondo me non si è
fatta nessuna convinzione che quella degli artisti sia una classe privilegiata, per la società
intesa generalmente gli artisti sono semplicemente dei “diversi”, dei “diversi”
che vengono, per simpatia o per interesse, ma soprattutto per interesse
adottati da questa societa, che di arte non capisce niente e che soprattutto non
ha alcun bisogno di arte.
8) Lei guarda la televisione? Se “sì”: cosa guarda? Altrimenti: perché
non guarda la televisione?
A casa mia la televisione sono
anni che non ce l’ho, la guardo rarissimamente a casa della mia compagna, ma
quando sono lì, per non sentirla mi metto i tappi di cera nelle orecchie; la
ritengo un’intrusa. Quando entro in quella casa e prima ancora della faccia
della mia compagna vedo sul video i visi di qualche presentatore, di qualche
ballerina, mi dico, o dico a lei... : – Ma chi li ha invitati? Cosa vogliono?
Chi sono? –Non ho niente da condividere con loro, mi danno fastidio... qualche
programma scientifico però lo seguo, ogni tanto, raramente.
Comunque, la televisione, in
linea generale, la considero nociva... avevo anche scritto una poesia che non
trovo più... contro la televisione... una serie di invettive, adesso non ce l’ho
neanche piu.
9) Cos’è che più La spaventa, – se qualcosa vi sia – del
nostro presente?
Il nostro presente, per così dire
“nostro”, non mi spaventa, non mi spaventa più, più che altro mi annoia, ormai
mi scoraggia.
Se c’è qualcosa di cui aver paura
è la... quell’aumento della superficialità che avviene nella massa attraverso i
media e l’informazione; e poi, c’e da spaventarsi dell’aumento continuo della
popolazione, e l’ammassarsi a vivere in spazi ristretti nelle grandi città, di
milioni di persone, in numero spaventoso.
Penso che, se facciamo fatica ad
andare d’accordo con un solo dei nostri simili, come facciamo, come faremo,
come faranno i giovani, poverini, ad andare d’accordo, a non entrare in lotta, quando
poi a questa lotta saranno spinti da coloro che li hanno plagiati fin da
bambini, come faranno a non andare in lotta tra di loro, come faranno ad
evitare qualche catastrofe già preordinata da chi ci guadagnerà.
10) Ci dica quello che Lei pensa di/su Dio.
Dell’esistenza di Dio ho
cominciato a dubitare sin da quando ho avuto l’uso della ragione, forse in
prima elementare, o in seconda al massimo; poi, col passare degli anni sono
divenuto decisamente ateo, soprattutto per l’osservazione di chi commercia la
cosiddetta “fede”, le cosiddette varie fedi, di quelli che sfruttano le paure
dell’individuo, le paure dell’infinito, dell’ignoto, della morte, non posso
certamente affermare con certezza che Dio non esiste, però io non ci credo, se
poi... non... non ci credo... è assurdita, più che questa domanda, piu che
chiedermi cosa ne penso di Dio dovevi chiedermi cosa ne penso della religione e
delle religioni, Alessio. Dio... non posso pensare... Dio è niente, e cosa
posso pensare, a niente, niente, non c’e,
bisogna fare domande sull’immortalità, su qualcosa del genere... tutte cose che
non esistono... io non vorrei neanche che esistessero, se esistevano o esistono…
mi basta e mi cresce questa vita, e non voglio niente di più.
Intervista a cura di Alessio Romano
Parole sagge, ci sono delle riflessioni nelle risposte di questo poeta che vanno ben oltre. Bell'intervista complimenti.
RispondiEliminaCondivido. Grazie.
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