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lunedì 12 novembre 2012

Bartleby lo scrivano



La trama

 
Negli uffici ad un piano rialzato di Wall Street di un Magistrato di Cancelleria (che è il narratore del racconto), lavorano inizialmente in quattro: il Magistrato della Cancelleria, che dirige i compiti; due copisti ed un fanciullo quale fattorino. I due copisti sono: Turkey: un «inglese basso e corpulento» che la mattina lavora egregiamente ma che dopo mezzogiorno sino alle sei di pomeriggio è in continuo affievolimento causando danni come macchie sui documenti importanti «nell’intinger la penna nel calamaio» e Nippers, il secondo copista, un giovanotto di circa venticinque anni «con un paio di favoriti, un colore olivastro e nel complesso, un aspetto piuttosto piratesco». Ginger Nut, invece, il fattorino, è un fanciullo di circa dodici anni, studente di legge, fattorino, e addetto a spolverare e spazzare nel suddetto ufficio. Giunge il giorno in cui l’ufficio è sovraccarico di lavoro tanto che il narratore, ovvero il Magistrato della Cancelleria che era a capo dell’ufficio, è costretto a procurarsi altri aiuti. A rispondere alla inserzione è un uomo dalla «figura scialba, nella sua dignità, pietosa nella sua rispettabilità, incurabilmente perduta»: è Bartleby. Il capo lo assume immantinente, convinto che quella persona possa influire in modo benefico «sull’indole caotica di Turkey» (il copista) «nonché su quella impetuosa di Nippers» (l’altro copista). Il capo lo sistema vicino a sé, nell’ufficio, convinto di poterlo avere sempre a portata di mano, e Bartleby copia impassibile giorno e notte i documenti. Il capo è convinto di averlo sempre a portata di mano, quando dopo qualche giorno dall’assunzione lo chiama per esaminare certi documenti, come suole fare con Turkey e Nippers. Ma è tanta la sorpresa quando questi risponde: «Avrei preferenza di no». Incredulo il capo gli ribadisce con parole diverse la richiesta e si sente ripetere la medesima risposta. In un secondo momento il capo (narratore) giunge a convincersi che Bartleby non abbia quel comportamento per essere insolente, che «le sue eccentricità sono involontarie» e si convince che egli gli è utile; ma il suo del capo stato non è sempre a favore di Bartleby: talvolta si sente irritato, e si sente spinto a scontrarsi con lui a causa di qualche nuovo rifiuto. Così un pomeriggio lo provoca proponendogli nuovamente l’esame di alcuni documenti: solita risposta. Gli propone allora, dato che Ginger Nut è assente, di andare all’ufficio postale per vedere se c’è qualcosa per lui: solita riposta. Ha inizio un periodo di battaglia interiore nel capo-narratore, nel qual periodo propone talvolta a Bartleby qualche ufficio diverso dal copiare, ma ottiene sempre la solita risposta: «Avrei preferenza di no».
Ciononostante Bartleby lavora giorno e notte e non si permette neanche di uscire per desinare, mangiando di tanto in tanto dei biscotti allo zenzero. Una domenica mattina, però, il Magistrato di Cancelleria decide di recarsi alla Trinity Church, «onde ascoltare un celebrato predicatore» ma trovandosi da quelle parti «alquanto in anticipo» decide di fare una breve passeggiata sino ai suoi uffici. Esistono quattro copie della chiave dell’ufficio: una l’ha lui, una la donna che ogni settimana puliva la stanza, e un’altra l’ha Turkey, ma invero non si sa chi custodisca l’ultima copia della chiave. Il narratore-capo si dirige quindi verso il suo ufficio, e inserisce la chiave nella serratura, ma qualcosa la ostruisce: egli si dà a chiamare, e qualcuno dall’interno apre: è Bartleby che, mantenendo la porta socchiusa, in déshabillé gli dice che gli dispiace, che al momento è occupato e che «per adesso» ha preferenza a non farlo entrare. Soggiunge poi che è forse meglio se il capo se ne va a fare «un giro o due attorno all’isolato» ché in quel frattempo probabilmente avrebbe terminato le sue faccende. Il narratore-capo alquanto sorpreso esegue davvero quanto richiesto. Quando torna in ufficio di Bartleby non vi è più traccia ma arrotolata sotto lo scrittoio di Bartleby il narratore-capo trova una coperta, del lucido e una spazzola, un bacile di latta con sapone e un asciugamano sbrindellato. Bartleby si è quindi installato nell’ufficio. Tutto ciò è sconvolgente, ma anche pietoso. Il narratore-capo giunge a convincersi che Bartleby è «vittima di un disturbo innato ed incurabile» e decide che se l’indomani Bartleby non avesse risposto a certe sue domande lo avrebbe liquidato per sempre con un biglietto da venti dollari. Il mattino dopo Bartleby viene interrogato, ma come si può bene immaginare, non risponde o risponde «avrei preferenza di no». Il narratore-capo è combattuto, ma alla fine cerca di far ragionare Bartleby ottenendo risposte circostanziali ed intagliate sul modello precedente.
Vi sono screzi tra i colleghi e Bartleby. Ora, l’espressione «preferenza» viene utilizzata inconsciamente in più occasioni dalle persone che circondano Bartleby, tanto che il narratore-capo si convince che quell’uomo stia «contagiandoli».
Il giorno dopo Bartleby rimane per tutto il tempo in piedi davanti alla finestra, davanti al muro cieco, e quando il capo gli domanda perché non scriva più, Bartleby risponde che non vuole scrivere più. «E per qual ragione?». «Non capite da voi la ragione?» risponde Bartleby.
Il capo lo osserva e ne rimane commosso, convincendosi che il fatto di aver lavorato ininterrottamente abbia causato a Bartleby disturbi agli occhi, perciò lo sostiene consigliandogli di astenersi per un certo periodo dallo scrivere. Trascorrono altri giorni e Bartleby sta sempre nello stesso punto dell’ufficio, fermo, e quando il capo gliene chiede conto Bartleby risponde che ha smesso per sempre di copiare. Però rimane installato negli uffici.
Il racconto si protrarrà ancora per poco anche se sembrerà non finire più per via dello stesso Bartleby che si trascinerà ormai vinto da un sentimento di rinuncia sino alla morte, privandosi di tutto ciò di cui un uomo solitamente gode.


Pareri e accenni

 
Nessuno si sa spiegare il comportamento di Bartleby che diventa sempre più chiuso e evasivo nelle risposte e che così facendo si preclude ogni possibilità.
Melville riscuote un grande successo con questo racconto che viene scritto dopo il fallimento di Moby Dick; letterati, giornalisti e alcuni autori si pronunciano successivamente con le ipotesi più azzardate riguardo il senso stesso del racconto, ma io credo che ci sia soltanto una spiegazione ed è la prima interpretazione di Bartleby in chiave biografica: è quella di Raymond Weaver che vede  adombrati nella vicenda dello scrivano il precedente insuccesso letterario e conseguente silenzio di Melville.
Riguardo alle molte interpretazioni sarebbe utile considerare l’ipotesi che più il tempo passa e più si deforma il punto di vista. Forse questa deformazione non è altro che un “modellamento”,  una sorta di progresso dell’uomo, ma di primo acchito sembra che si riscontri soltanto «il bisogno dell’uomo di dire qualcosa di diverso» (Riferimento: Bartleby lo scrivano – Feltrinelli – “Interpretazioni”).

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